Frammenti di vita missionaria a quarant’anni dalla sua morte
Ormai prossimi al quarantesimo anniversario della morte del vescovo mons. Valentino Lazzari, nativo di Cologno al Serio, la Redazione di La Porta ha ricevuto la richiesta di pubblicare alcuni estratti di uno scritto di padre Paolino Pegurri, che celebra la vita di mons. Lazzari e lo ritrae in tutta la sua umiltà.
E’ da sempre motivo di grande orgoglio per il paese di Cologno l’aver dato i natali a molti sacerdoti, religiosi e religiose che, partendo dal nostro piccolo paese, hanno scelto di dedicare parte o tutta la loro vita al servizio dei più bisognosi, recandosi a prestare servizio nelle varie terre di missione sparse per il mondo. Queste persone dall’animo speciale scelgono di vivere lontano dalla loro terra d’origine e dalla loro famiglia per portare, in modo docile e silenzioso, la loro testimonianza in luoghi spesso difficili. Monsignor Valentino Giacomo Lazzari è certamente una di queste persone.
Nasce a Cologno al Serio il 3 gennaio 1925 da Giulia Daleffe e Antonio Lazzari, e sin da giovanissimo inizia il suo percorso religioso. Entra, dapprima, nel seminario di Lovere, prosegue gli studi teologici presso i Padri Cappuccini di Milano e poi di Friburgo, in Svizzera, diventa frate cappuccino nel 1943 e viene ordinato sacerdote nel 1950, a Milano, dal cardinal Ildefonso Schuster. Subito dopo essersi laureato in teologia presso l’Università Gregoriana, nel 1947 prende la decisione di partire come missionario in Brasile, dove opera con il fratello padre Gesualdo. Nel 1967 è eletto custode provinciale, e in seguito vice provinciale.
Probabilmente, al momento della sua partenza, mons. Valentino è del tutto inconsapevole del lungo percorso di bene che svolgerà in Brasile e della piega che prenderanno gli anni successivi, ma ad oggi la sua vita appare come un cammino sempre crescente di bene e aiuto verso l’umanità.
Dal racconto di padre Paolino Pegurri, sappiamo che gli anni di mons. Valentino Lazzari in Brasile iniziano come professore di teologia presso il convento di Parnaíba e che ben presto, una volta presa dimestichezza con la lingua portoghese, entra in confidenza con i ragazzi e gli adolescenti del posto diventando, grazie alla sua predicazione, un punto di riferimento per le famiglie, anche quando, successivamente, si trasferisce presso il convento di Fortaleza.
Ecco le parole di padre Paolino Pegurri, che più di tutte sono in grado di celebrare la grandezza e la bontà d’animo di mons. Valentino Lazzari e, così, di mantenerne vivo il ricordo.
Si distingueva ovunque per la sua intelligenza, dal collegio dove si laureò come durante tutta la sua attività sacerdotale e missionaria: era più che preparato per essere un valido evangelizzatore presso ogni genere di persona. Tutti ricorrevano a lui sereni e fiduciosi, certi di udire una parola di aiuto e di conforto per i loro difficili problemi.
Da vero francescano, padre Valentino riceveva tutti con rispetto, tenerezza, familiarità più che materna. Nelle visite alle fraternità, come era suo compito, ascoltava tutti con pazienza e grande affabilità, con modi garbati e paterni, ispirando nei frati stima e fiducia. Il frate che usciva dalla sua stanza dopo il colloquio con lui era soddisfatto e contento, in pieno accordo con il suo superiore.
Garbato ma sincero, disponibile ma schietto, semplice ma saggio: si faceva giovane tra i giovani, adulto tra adulti e anziani, ottenendo facilmente soluzioni anche di fronte a problemi difficili. Viveva così il detto evangelico “Se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli”.
Sempre allegro e scherzoso, capace di battute umoristiche, a chi gli chiese quando l’avrebbero eletto vescovo, subito rispose: “Ma come farei da vescovo a giocare con i ragazzi sul sagrato della chiesa di Cologno?”. Il 25 maggio 1971, papa Paolo VI lo nominò vescovo della diocesi di Grajaú, in Brasile e “non poteva non fare la volontà dello Spirito Santo”. Da missionario a professore di teologia, dalle cariche provinciali come frate a quella di vescovo: si aprì per lui un più vasto campo d’azione e responsabilità, promozione giusta e meritata come riconoscimento del suo gran cuore e della sua eccezionale intelligenza.
Ricevette l’ordinazione episcopale il 25 luglio 1971, nella chiesa parrocchiale di Cologno al Serio, dal vescovo di Bergamo, mons. Clemente Gaddi. I due vescovi conconsacranti furono mons. Adolfo Bossi e mons. Zenone Testa.
Percorse senza risparmiarsi fatica la vasta diocesi di Grajaú, seminando ovunque la Parola di Dio, vestito come un povero prete, confondendosi umilmente al popolo. Semplice e premuroso, sempre attento alle necessità dei più bisognosi, paziente e senza pretese. Servo fedele e saggio pienamente dedito alla sua missione evangelizzatrice, lasciava a Dio il compito di raccogliere il frutto delle sue fatiche. Non fu ovviamente risparmiato da situazioni difficili e pericolose: le strade difficili e quasi impraticabili lo obbligarono a volte a lunghe soste, e a continuare il viaggio abbandonando la jeep per proseguire sul dorso di un mulo sotto il sole cocente dell’Equatore.
Il motto “Unitas in caritate” (che significa “Unità nella carità”), scelto per il suo stemma episcopale, lo sosteneva e confortava nel suo compito di pastore. Spesso aveva le mani ferite, la fronte grondante sudore, la veste rovinata e sporca di fango. Mons. Valentino era un vero pellegrino di Dio, fedele banditore della Buona Novella, per natura e per grazia capace di adattarsi a condizioni e circostanze difficili. Amava tutti, donava con un sorriso parole incoraggianti e concilianti anche nei casi più disperati: un’allegria più che francescana, motivo di conforto per tutti i piccoli e grandi.
Da vero francescano, il vescovo Valentino amava senza eccezioni poveri e lebbrosi, ai quali si dedicava senza risparmio. Li assisteva con eroica dedizione: era il suo apostolato preferito quello di confortare i fratelli vittime del terribile morbo. Ai 270 malati del lebbrosario di Parnaíba, Mons. Valentino sapeva portare un messaggio di pace, di coraggio, di perdono e di speranza francescana. Grazie a lui si poteva udire dalle labbra degli stessi malati: “La mano di Dio è sempre tenera”, “Dio è Padre buono”, “Ringrazio Dio che mi ha confortato”. Il pianto dei poveri e dei lebbrosi alla notizia della sua morte fu la testimonianza più concreta di quanto Mons. Valentino sia stato veramente amico, fratello, benefattore e pastore zelante.
La vita è un dono gratuito che Dio dà all’uomo, il quale ha pertanto l’obbligo di valorizzarla con opere di carità: grande valore diede Mons. Valentino alla sua vita dedicandola ai poveri e ai fratelli lebbrosi. Mons. Adolfo Bossi, che aveva il governo della diocesi prima di Mons. Valentino, aveva fondato in Grajaú il lebbrosario San Marino e Mons. Valentino seppe dare a quella fondazione grande sviluppo, aumentandone il numero delle case e degli assistiti. Il lebbrosario era a cinque chilometri dalla sede della diocesi, perciò di facile accesso: lo visitava settimanalmente, ma anche più spesso, si tratteneva coi malati, portava loro regali e buon umore per alleviare il loro dolore e isolamento.
Così lo ricorda Mons. Bossi, suo stimato predecessore: “Egli era più che pastore, era un padre, un amico, un benefattore. Più che con la mente agiva col cuore”. Il vescovo Valentino ha l’ammirazione e gratitudine di tutti i missionari. Anche sul letto di morte continuò ad essere sé stesso: un Buon Pastore che dà la vita per le sue pecorelle. Le sue ultime parole furono: “Signore ti offro le mie sofferenze e la mia vita per la mia gente, per la Chiesa tutta”.
Una messa in ricordo di mons. Valentino Lazzari sarà celebrata il 6 gennaio 2023, alle ore 11.00, nella nostra parrocchia, a quarant’anni esatti dalla sua morte..
Sara Ranica