“Vieni!”

16 Luglio 2022 | Alla porta

Santi e morti: una relazione eterna

Santi e morti costituiscono un binomio inscindibile, tra queste due categorie vi è uno stringente rapporto reciproco che non può essere ignorato. Certamente tutti i Santi sono morti poiché, anche se in molti casi la fama di Santità si diffonde attorno ad un particolare soggetto già durante la sua vita, bisogna attendere la morte fisica poiché la Chiesa disponga l’avvio del complesso iter di canonizzazione. Ma non tutti i morti sono Santi, poiché la Santità è un fatto eccezionale, riservato a pochi eletti che, non per merito personale ma per una scelta che deriva dall’Alto, esercitano per tutta la vita – e spesso, è il caso dei martiri, anche in punto di morte – le virtù in modo eroico, divenendo perfetti modelli di imitazione di Cristo e conformandosi pienamente allo stile del Vangelo. Tuttavia, accanto alla Santità canonizzata, riconosciuta ufficialmente da Roma attraverso dettagliati documenti ed elevata al culto della Chiesa universale, vi è una santità percepita, fiutata, che proviene dal basso: appartiene a coloro che papa Francesco è solito chiamare i santi della porta accanto, non elevati alla gloria degli altari ma presenti nell’esperienza quotidiana di ciascuno. Ognuno di noi può quindi affermare di aver incontrato diversi santi all’interno della propria vita: essi ci ricordano che la Santità non è uno status irraggiungibile, ma una strada percorribile.
Santi e morti rappresentano dunque due facce della stessa medaglia: l’espressione il ponte dei Santi e dei morti, ormai entrata nel linguaggio corrente, sottolinea ancor di più la tendenza ad interpretare come unicum queste due grandi famiglie. Ma per quale ragione il calendario liturgico prima ci dà modo di contemplare tutti i Santi nella solennità del 1° novembre e, immediatamente dopo, si rivolge a tutti i fedeli defunti nella commemorazione del giorno seguente? Forse perché la Santità costituisce il miglior rimedio contro la morte: non solo i Santi diventano immortali nella memoria dei posteri, ma soprattutto condurre una vita in Santità spalanca le porte del Cielo e immerge nell’abbraccio di Cristo.
Ognissanti è stata la prima solennità che il nostro don Paolo ha vissuto dopo la sua ordinazione diaconale. Sia l’altare maggiore che la prima altare laterale alla destra del presbiterio, dedicata appunto a tutti i Santi, erano ornate con numerose reliquie, segno della presenza viva dei Santi. Il novello diacono ha proposto l’omelia alla solenne celebrazione delle ore 9.45, presieduta da don Davide, partendo da una domanda: Come si vive una vita Santa? Le istruzioni sono contenute nel Vangelo del giorno (Matteo 5, 1-12), che ha proposto il discorso delle beatitudini che Gesù recita di fronte alla folla. Le beatitudini sono situazioni di vita estremamente concrete: chi non ha mai desiderato la giustizia? Chi non ha mai pianto? Chi non si è mai chinato verso i poveri? Santità è non fuggire da questi episodi, ma affrontare la quotidianità della propria esistenza, poiché i Santi sono tali già su questa Terra: certamente non è un’impresa facile, ma ciascuno di noi possiede tutti gli strumenti idonei per riuscirci. I Santi sono come la foschia mattutina che ci permette di guardare il Sole: avvicinano la suprema esperienza di Cristo alle povertà della nostra realtà. Non siamo chiamati a copiare gli eventi che hanno caratterizzato la vita di un Santo, ma dobbiamo imitarne lo stile, poiché ognuno può diventare Santo a modo suo.

Anche quest’anno, nonostante la pioggia intermittente, un folto numero di fedeli ha preso parte alla celebrazione del pomeriggio, presieduta da don Giuseppe con don Davide e il diacono don Paolo. Dopo il canto dei secondi vespri in chiesa, un corteo si è snodato verso il cimitero, accompagnato dalla recita delle litanie dei Santi della Chiesa di Bergamo. Una volta raggiunta la cappella del cimitero, il parroco ha asperso le tombe e ha offerto l’incenso ai fedeli defunti. Poi, alle ore 16.00, ha avuto inizio la S. Messa, a testimonianza, ancora una volta, della profonda commistione tra il tema della Santità e quello del sonno eterno.
Il 2 novembre, i paramenti liturgici bianchi e dorati, che rappresentavano lo splendore dei Santi, hanno lasciato il posto al viola della penitenza e dell’attesa di resurrezione; talvolta al nero, il colore del lutto per eccellenza. Un intenso ricordo di tutti i defunti e una commozione intrisa di speranza sono stati i sentimenti che hanno caratterizzato tutte le S. Messe del giorno, due delle quali sono state celebrate al cimitero. Alla funzione delle 16.30, la riflessione è stata nuovamente proposta da don Paolo: vivere l’Eucarestia al cimitero assume certamente un significato del tutto particolare nel giorno dedicato proprio alla memoria di tutti i morti, ma permette anche di cogliere con estrema immediatezza ciò che accade durante ogni celebrazione. Infatti, tutte le volte che partecipiamo alla S. Messa, un’intera comunità si raduna: ma non solo la Chiesa terrestre o – come si usava dire un tempo – militante, cioè che cammina per le strade del mondo; vi è anche la Chiesa celeste, l’assemblea composta da tutti coloro che ci hanno preceduto e che ora dormono il sonno eterno. Essere presenti, durante la celebrazione eucaristica, accanto alle tombe dei propri cari, significa condividere con loro il banchetto della Parola e del Pane di vita. Il novello diacono ha posto l’attenzione anche sul Vangelo proposto dalla liturgia (Matteo 25, 31-46): “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.” Recarsi a trovare i propri parenti e amici defunti significa rendersi conto del bene che essi hanno operato per noi, e di ciò che noi, che ancora abitiamo questa Terra, abbiamo fatto per chi è passato all’altro mondo. Certamente non saranno mancati dei momenti difficili, ma Gesù ci promette: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo.”
La giornata si è conclusa con la solenne S. Messa delle ore 20.30, in ricordo di tutti i defunti della nostra comunità che ci hanno lasciato dal novembre 2021 all’ottobre 2022. Ciascuna famiglia colpita da un lutto nell’ultimo anno è stata invitata personalmente alla celebrazione con una lettera recapitata a casa. Dopo il Vangelo proclamato da don Paolo, don Giuseppe ha proposto una toccante poesia (riportata integralmente di seguito), composta dalla teologa Adriana Zarri nel 2010, quando sentiva incombere il peso della morte. Ma, colma di grazia per una vita vissuta in pienezza e fiduciosa di essere accolta nell’abbraccio del Signore, l’autrice respinge con forza la paura del trapasso, a tal punto da andare incontro alla morte esclamando: “Vieni!”. Poi, la lettura di tutti i nomi dei settantanove defunti dell’anno, ciascuno accompagnato dal profondo suono della campana, per sottolineare l’eccezionalità di ogni singola esperienza di vita. Al termine della celebrazione, durante il canto finale, il parroco, aiutato da don Dario e don Davide, ha consegnato ad un rappresentante di ogni famiglia un piccolo cero bianco, accompagnato da una pergamena con i versi di Adriana Zarri. Le candele erano state accese da alcuni chierichetti durante la lettura dei nomi, attingendo la fiamma dal cero pasquale, simbolo della speranza di resurrezione.
Il ricordo di chi non c’è più si è prolungato anche nelle settimane successive. In particolare, domenica 6 novembre, alla celebrazione delle 8.30, presieduta da don Giuseppe, abbiamo commemorato tutti i caduti e i dispersi in occasione del 104° anniversario della fine della Grande Guerra. In seguito, domenica 20 novembre, solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, la nostra comunità ha ricordato il caro parroco mons. Emilio Zanoli, a due anni esatti dalla sua scomparsa. La preghiera si è fatta più intensa alla S. Messa delle 11.00, celebrata da don Dario, a cui ha partecipato anche il corpo dei Carabinieri per festeggiare la patrona Virgo Fidelis.

Andrea Fadigati