“Umile lavoratore nella vigna del Signore”
Il Papa emerito Benedetto XVI è deceduto sabato 31 dicembre nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano, in cui risiedeva dopo la rinuncia al pontificato, il quale è iniziato il 19 aprile 2005, al termine di un conclave durato meno di 24 ore ed è terminato l’11 febbraio 2013 con la comunicazione delle sue dimissioni.
Figura discussa e talvolta giudicata rigidamente dai mass-media, tanto da essere definito panzer-kardinal ossia prefetto di ferro, chiuso nelle astratte complicazioni della teologia e alla fine, quindi, arrogante nel suo porsi e imporsi come gendarme dell’ortodossia, la sua morte rappresenta l’occasione per mettere in luce il profondo aspetto umano di Joseph Ratzinger attraverso il ricordo di molte sue testimonianze e dei principali passaggi della sua vita che restituiscono una figura tanto acculturata quando profondamente credente ed umile.
In lui si sono riunite mirabilmente la vocazione allo studio teologico e la dedizione al servizio liturgico e pastorale.
Da un lato, quindi, l’approfondimento dei testi sacri fino ad arrivare a contribuire alla loro edizione, come è successo con il Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, che ha visto la luce nel 1992 a seguito di un lavoro durato sei anni e portato avanti da una commissione coordinata proprio da Ratzinger in qualità di prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede. O ancora con la trilogia su Gesù di Nazaret, conclusasi proprio nel 2012, anno di rinuncia al papato. Secondo Joseph Ratzinger: “I testi dovrebbero dare risposte alle questioni più urgenti e dovrebbero farlo, per quanto possibile, non giudicando e condannando, ma usando un linguaggio materno.”
Dall’altro lato, Papa Benedetto XVI si è presentato al popolo cristiano senza manie di protagonismo, da umile servitore, cogliendo l’occasione, anzi, per esaltare la grandezza del suo predecessore Papa Giovanni Paolo II. Il discorso tenuto il giorno della sua elezione, dalla Loggia delle Benedizioni, recitava così: “Cari fratelli e sorelle, dopo il Grande Papa Giovanni Paolo II i signori cardinali hanno eletto un semplice e umile lavoratore della vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere. Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi nel suo aiuto permanente, andiamo avanti, il Signore ci aiuterà e Maria, sua santissima Madre, sta dalla nostra parte. Grazie”.
Un legame, quello con Papa Giovanni Paolo II, nato nel 1981, quando Joseph Ratzinger è stato nominato prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e proseguito fino alla morte di Wojtyla, di cui Ratzinger ha costituito un sostegno dottrinale di rilievo. Testimonianza di questo profondo legame è uno scritto di Ratzinger in cui, parlando di Papa Giovanni Paolo II, al tempo della sua elezione a pontefice, si è espresso così: “Io ho prestato attenzione a come quest’uomo pregava, a come incontrava gli altri in modo aperto e libero da pregiudizi, anche noi tedeschi, e così si rafforzò in me la convinzione che egli era il Papa per l’ora presente.”
Durante il pontificato, Papa Benedetto XVI ha parlato in continuazione della gioia dell’essere cristiani. Il tema della gioia ricorre sovente nei suoi saggi e nei suoi discorsi. Nel saggio Il Dio di Gesù Cristo afferma: “Una delle regole fondamentali per il discernimento degli spiriti potrebbe essere dunque la seguente: dove manca la gioia, dove l’umorismo muore, qui non c’è nemmeno lo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù Cristo. E viceversa: la gioia è un segno della grazia.” Il libro-intervista Il sale della terra è un’altra occasione per ribadire che: “La fede dà la gioia. Se Dio non è qui, il mondo è una desolazione, e tutto diventa noioso, ogni cosa è del tutto insufficiente. L’elemento costitutivo del cristianesimo è la gioia. Gioia non nel senso di divertimento superficiale, il cui sfondo può anche essere la disperazione.” Quante riflessioni concentrate in poche parole.
Un’ulteriore opportunità per porre al centro l’amore verso Dio nella forma più semplice dell’incontro è stata la sua prima enciclica Deus caritas est dove scrive: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona.”
Pur nell’esaltazione del Signore, Papa Benedetto XVI si è dimostrato concreto e disilluso davanti a certe vicende. Nel maggio 2006, durante la visita ad Auschwitz, ha detto: “In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio , un silenzio che è un interiore grido verso Dio: – Perché hai potuto tollerare tutto questo? – ”.
Temerario nel confronto con idee e posizioni diverse, non si è sottratto ai grandi interrogativi, ad un cristianesimo da lui stesso definito a prezzi ribassati. Ha sempre cercato di affrontare i problemi con lealtà, anche se drammatici. Ha criticato fortemente anche la Chiesa politica e l’impostazione tradizionale, affermando che per ritrovare la vera liturgia occorreva forzare il muro del latino. Durante il suo ultimo viaggio in Germania, nel settembre 2011, ha invitato la Chiesa ad essere meno mondana in questo modo: “Gli esempi storici mostrano che la testimonianza missionaria di una Chiesa demondanizzata emerge in modo più chiaro. Liberata dai fardelli e dai privilegi materiali e politici, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo.”
Papa Benedetto XVI si è trovato a confrontarsi anche con tematiche scottanti che hanno coinvolto la Chiesa Cattolica, alle quali non si è sottratto, anzi, rispetto alle quali ha preso posizione. Ha introdotto regole severissime contro gli abusi sui minori, ha chiesto alla Curia e ai Vescovi di cambiare mentalità, arrivando a dire che la persecuzione più grave per la Chiesa non arriva dai suoi nemici esterni, ma dal peccato all’interno di essa.
L’ultima decisione, quella di rinunciare al ruolo di pontefice, è stata quella che più di tutte ha rivelato la fragilità e la forza dell’essere umano. Già nel libro-intervista Luce del mondo, pubblicato tre anni prima delle sue dimissioni, Papa Benedetto XVI aveva anticipato la sua idea sul tema, affermando che: “Quando un Papa giunge alla consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha diritto e in alcune circostanze anche il dovere di dimettersi.”
Gli ultimi dieci anni, vissuti nel ritiro ma sempre nella preghiera, sono stati ancora una volta per il Papa emerito l’occasione per confermare al mondo l’importanza della sua fede che lo ha portato a vivere serenamente il periodo della vecchiaia. Nella sua ultima lettera, data 6 febbraio 2022, Benedetto XVI ha scritto: “L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte.”
Sara Ranica