Uno sguardo al nuovo anno pastorale 2023-2024
Dal Vangelo di Luca: “Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due [dei discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.” (Luca 24, 13-16).
Lui c’è, ma noi non lo sappiamo, non lo vediamo, non riusciamo a riconoscerlo. Canta in sordina, a bocca chiusa, la Sua presenza reale. Forse sorride, ascoltando i discepoli che stanno raccontando Gesù a Gesù.
Un discepolo ha la mano sul capo: è il segno della fatica dei suoi ragionamenti. Si chiede il motivo della sconfitta del Maestro, ma non riesce a darsi delle risposte. L’altro, ha le mani sul cuore: l’amore per Gesù non è morto con lui, ma sembra vacillare, non avere più un Tu a cui donarsi.
Sono prigionieri del passato, di false attese, recitano a turno la litania del disinganno, sfogano il loro smarrimento. Nessuno dei due guarda Gesù: uno guarda per terra, mentre l’altro il compagno di viaggio. Sono distratti da molti pensieri e quindi Gesù per loro è celato da una maschera, il suo corpo sembra quasi non avere forma.
Anti-pellegrinaggio: si voltano le spalle a Gerusalemme; ritorno indietro, amaro ripiegamento. Ma Lui c’è e i suoi occhi pieni di sole, capaci di illuminare anche il buio della morte, sono motivo di speranza. Non siamo soli nel cammino: il suo bastone ci dà sicurezza, non dobbiamo temere alcun male.
Il nostro Vescovo Francesco, nella lettera circolare Servire la vita, servirla insieme, pone le sue riflessioni per l’anno pastorale 2023-2024 nell’orizzonte del Vangelo di Emmaus:
Possiamo considerare l’Eucaristia come un Sinodo concentrato e il Cammino sinodale come un’Eucaristia dilatata: dunque, Emmaus come Eucaristia itinerante. Nell’incontro del Risorto con i discepoli di Emmaus, e nella celebrazione dell’Eucaristia, riconosciamo i criteri per il discernimento necessari per la fase sapienziale del Cammino sinodale e per l’attuazione della revisione delle Comunità Ecclesiali Territoriali.
E’ il giorno dopo il grande Sabato della Pasqua ebraica. Due, tra i discepoli, imboccano la strada verso Emmaus, allontanandosi dalla comunità. Gesù stesso li raggiunge, aprendo ad un’esperienza che diventa paradigmatica per la comunità cristiana di tutti i tempi.
Innanzi tutto, vi riconosciamo un’assemblea eucaristica che confessa i propri peccati, le proprie delusioni, le fughe da Gerusalemme, le nostalgie della vita di prima. Il Signore provoca questa consegna: “Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?”. Prendere sul serio le delusioni, i lamenti, le critiche senza giustificare e giustificarsi è il primo passo del discernimento.
Il Signore si accompagna: assume il loro passo, ascolta il loro cuore, non pretende nulla. Dialoga e annuncia: tutto ciò che lo riguarda nelle Scritture. La liturgia della Parola, l’ascolto comunitario della Parola, offre il paradigma principale per il discernimento. Il criterio sapienziale più importante è la lettura cristologica delle Scritture, la Parola di Dio alla luce della Pasqua.
L’ardore del cuore cresce lungo il cammino. Il fascino dello sconosciuto e della sua interpretazione delle Scritture, ma soprattutto l’esperienza di una conversazione che avviene lungo la via. Non da una cattedra, ma camminando per strada. Questa è la consegna: questo è il problema. Non è immediatamente la predicazione o la catechesi, ma la sapienza con cui ci si accompagna lungo la via. Quanto mutismo, quanta banalità, quanto moralismo, quanta presunzione, quanta rigidità… Anche quando si sale un pulpito, la Parola deve assumere questa connotazione itinerante, accompagnarsi alla via e alla vita degli uomini. La comunità opera il discernimento in cammino, mai seduta, giudicante…
L’invito diventa preghiera, implorazione: “Resta con noi”. Dal cuore risvegliato nasce il desiderio. La preghiera non solo come presentazione dei nostri desideri, attese, bisogni, ma come espressione del desiderio di Dio, della sua presenza, della sua amicizia, della sua Parola, di Gesù, il Crocifisso Risorto.
“Resta con noi” è anche espressione di un’offerta: la propria casa, le proprie risorse, la propria ospitalità, la propria accoglienza al forestiero, all’altro: un autentico offertorio. Il discernimento avviene in un clima orante e accogliente, particolarmente verso quelli che non sono dei nostri.
La sequenza eucaristica e il gesto dello spezzare il pane conduce al riconoscimento e ci offre il criterio per esercitarlo: la rivelazione del Crocifisso Risorto nell’Eucaristia e ovunque il pane è spezzato e condiviso, nella gratuità del gesto e della vita, dentro e fuori la Chiesa. Il discernimento comunitario prende le mosse dalla condivisione del pane spezzato nel rito e nella vita. Dal corpo eucaristico il discernimento delle esigenze del corpo ecclesiale e sociale.
La scomparsa del Risorto è condizione per l’avvio della missione: un nuovo cammino verso Gerusalemme e verso il mondo. Il discernimento avviene in un contesto sempre missionario e non nel contesto di dinamiche autoreferenziali della comunità ecclesiale.
L’incontro con la comunità di Gerusalemme è decisivo per il discernimento, perché non sia una vana operazione tutta nostra: si tratta del confronto e della conferma che viene dalla Tradizione e dal Magistero: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!”
Le polarizzazioni ecclesiali non corrispondono alla dinamica di Emmaus: il Signore è lungo la via e nel cenacolo. Non solo in uno dei luoghi, non in un luogo che esclude l’altro. Non la polarizzazione, ma una nuova comunione sono il frutto di Emmaus: una comunione missionaria.
Don Giuseppe